Il design delle macchine per il caffè

Un pomeriggio di fine 1986,

siamo nell’aula del corpo centrale del Politecnico di Milano che affaccia su via Bonardi ai margini nord di Piazza Leonardo da Vinci.

Ogni venerdì pomeriggio, dalle cinque alle sette in avanti… più o meno  a ruota libera, c’è il corso di Disegno Industriale del Professor Castiglioni, assistenti e prof si alternano ma quando c’è lui è una festa, sempre.

 

Oggi c’è più trambusto del solito e mi chiedo se gli altri sanno qualcosa che, come spesso mi capita, mi sono perso.

Mentre passeggio lungo il grande corridoio che passa sopra la vecchia biblioteca, ficcando per un attimo il naso nell’aula del Prof. Mangiarotti, noto – sul margine opposto del corridoio – un carrello in acciaio arancione su ruote che si avvicina con intorno un crocchio di persone … proprio come quelli sui quali si portano i libri da riordinare sugli scaffali giù da basso, e al centro riconosco gli occhiali tondi del Nostro.

 

Sopra una strana macchina da caffè

Dalle forme squadrate, primarie, quasi un archetipo come molti suoi prodotti. Scoprirò dopo qualche minuto, quel pomeriggio, che si tratta della Pitagora (Produzione La Cimbali)  che il prof coi fratelli disegnò più di vent’anni prima nel 1962.

 

Oggi si parla di macchine per il caffè dunque, penso … mentre mi accarezzo le mani.

Forse a causa del giorno che apre il fine settimana, forse per la sua innata attitudine a rende tutto un gioco, ognuno di noi sa che ogni lezione si trasforma in un spettacolo se, con gli assistenti, c’è anche lui.

 

Convinzione confermata ogni volta, come quando si presentò con una scatola di occhiali e fece una lezione sul design degli occhiali indossando ogni singolo modello fino a indossare – in onore delle architette pronte per il weekend disse – l’ultimo, tra gli applausi assordanti, in pelliccia di visone e lenti da sole nere.

 

Quella lezione mi fece innamorare delle macchine per il caffè.

Tenni nel cuore per decenni quell’amore per tirarlo fuori nel 2001 quando disegnai Excelsior (Produzione Brasilia) la mia prima macchina da caffè.

Ricordo ancora, in un tetro pomeriggio a Losanna, che prima di mettere mano alla matita mi chiesi, come ci chiedeva sempre lui nei laboratori, quale fosse il ‘principale motore di progettazione’.

 

Era il metodo del grande maestro, fatto di pochi, primari, principi che si susseguono in un ordine preciso dando vita a una sorta d’interrogatorio intimo fatto di domande e risposte.

Quel metodo, razionalista eppure sentimentale, romantico e scientifico come tutti i miracoli, si scolpì nella mente di un giovane studente di architettura al punto che, ancora oggi rivedo quella scaletta mentale dal primo schizzo all’ultimo prototipo in ogni lavoro concluso quando mi fermo ad analizzarlo come fosse di un altro, per valutare il prodotto con obiettività.

 

Nell’ampliarsi a ventaglio della gamma di domande e risposte che prendono vita disegnando una macchina per il caffè ho scoperto, negli anni, quanto vasto e variegato sia quel mondo e infiniti i ‘motori di progettazione’.

 

Vasto quante sono le tipologie di caffè disponibili al bar, a casa, negli hotel, nei bar temporanei allestiti per gli eventi.

Vario come l’arco delle sensibilità che si attivano passando dal disegno di una piccola macchina per la casa a quello di una grande ‘fabbrica del caffè’ per gli Hotel del turismo globale.

 

Sconfinato al punto che non ti annoi mai. Anche se disegni un prodotto dopo l’altro, senza interrompere nel tempo il filo delle proposte, né quell’antico metodo di progettazione che il maestro Castiglioni ci ha tramandato.

Un uomo, il suo sorriso, la sua simpatia che nasceva dallo stupore per la vita e che ci resta sempre accanto.

 

 

 

 

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