Immobili e transizione energetica #4
Un esempio e un bilancio sintetico
Ci siamo lasciati con la promessa che avremmo tradotto i concetti espressi nelle precedenti tre comunicazioni in un caso pratico: un progetto realizzato.
Parliamo, quindi, dell’efficientamento energetico di una casa monofamiliare nell’entroterra ligure a 5 km dalla costa.
Il progetto ha approfittato del Superbonus 110% , l’insieme di norme per la promozione dell’efficientamento energetico del patrimonio edilizio.
Entriamo subito nel dettaglio per descrivere un processo complesso ma concluso positivamente.
Buona lettura!
Clima, comfort abitativo e involucro
L’analisi del rapporto tra territorio (sito della costruzione) e involucro edilizio è fondamentale per inquadrare, nel modello termico tridimensionale, il carattere energetico dell’immobile: la sua classe energetica prima dell’intervento.
Il modello termico prende forma, infatti, dall’analisi degli scambi energetici tra il territorio (il suo clima) e l’edificio, descritti nelle tabelle 1 e 2 che seguono.
I risultati determinano una classe energetica con un consumo annuo di energia per mq di superficie riscaldata.
Tabella 1 (da sinistra a destra) le condizioni climatiche; le funzioni di ogni locale che prevedono un determinato carico termico; la qualità dell’involucro determinante per la risposta al clima.
Il Progetto di efficientamento
L’elemento sfidante, come molti progetti di Superbonus 110, è stata la ricerca di fornitori strutturati per fare lo sconto in fattura.
La scarsità d’imprese edili, in tal senso, ci ha portato a definire un progetto che facesse a meno delle componenti di isolamento dell’involucro minimizzando, in tal modo, le opere edili.
La tabella 2 mette a confronto le dotazioni d’impianti prima e dopo l’intervento. Noterete come, nonostante la rinuncia ai componenti d’isolamento dell’involucro, si siano guadagnate ben 4 classi energetiche (il superbonus ne richiedeva almeno 2).
Tabella 2 gli impianti di generazione di calore e d’energia prima e dopo l’intervento
i motori di efficientamento
La ricerca di serramenti performanti
Messe da parte, a malincuore, le opere che avrebbero aumentato la capacità coibente del’involucro (cappotto termico e coibentazione solai) l’attenzione si è rivolta a chi garantiva migliori prestazioni termiche per i serramenti.
Il fornitore dei profili Schuco, s’è mostrato un passo avanti agli altri concorrenti in termini di gestione amministrativa dell’ordine e di qualità di prodotto e posa.
La serie Restauro ha permesso, a un tempo, di rimediare al meglio all’assenza del cappotto termico e ridurre drasticamente i tempi di posa e le opere murarie superando i problemi legati alla gestione di un cantiere abitato, molto frequenti nei progetti Superbonus.
I nuovi infissi hanno permesso un abbattimento del 20% delle dispersioni. Grazie ad essi, per mantenere gli stessi gradi ambiente, oggi il cliente spende il 20% in meno d’energia!
Ciò, considerando l’impronta ecologica, è un risultato importante: meno energia dispersa significa meno energia prodotta, meno Co2 in ambiente e infine … una bolletta più leggera!
a sinistra i serramenti originali. a destra i serramenti Schuco serie Restauro forniti da Marconcini&Belli di Pisa.
L’impianto di ‘generazione del calore’
L’abitazione, come spesso accade in questi casi, era attrezzata con una caldaia alimentata a combustibili fossili (GPL) da 24 kW che riscaldava casa e produceva l’acqua calda sanitaria.
Abbiamo sostituito la caldaia con un nuovo set di generatori: una pompa di calore aria – acqua elettrica Riello da 8 kW per il riscaldamento utilizza la rete di radiatori esistente e un bollitore in pompa di calore Vitocal da 2 kW della Viessmann per la produzione di acqua calda sanitaria (l’unica in funzione a riscaldamento spento).
a sinistra la vecchia caldaia a GPL, a destra la pompa di calore aria-acqua dedicata al riscaldamento
Produrre energia: fotovoltaico, batterie e colonnina di ricarica.
La pompa di calore è, spesso, un generatore interessante specie se corredata di un campo fotovoltaico (da 10 kWp nel nostro caso) e un pacco batterie di accumulo (da 3,6 kW).
Nell’accoppiata ‘generatore e accumulo d’energia / generatore di calore’, in effetti, c’è la chiave di volta di questo progetto.
Se, infatti, nei giorni più freddi dell’anno (gennaio – febbraio) il cliente acquista energia dalla rete per la gran parte delle 24 ore, nella parte d’inverno meno rigida e nelle mezze stagioni, l’apporto del fotovoltaico si rivela fondamentale per abbattere in modo consistente l’energia acquistata.
Produrre energia da fonti rinnovabili come il sole e stoccarla in batterie d’accumulo, inoltre, determina un alleggerimento dell’impronta ecologica dell’immobile e della bolletta elettrica (dopo l’intervento l’abitazione non ha più utilizzato il gas).
Una quota dell’energia prodotta, come detto, viene stoccata nelle batterie per alimentare, in notturna, le pompe di calore.
Sembra, infine, poca cosa ma la colonnina di ricarica (sotto a destra) produce un considerevole risparmio nell’energia acquistata e – ancora una volta – un salto di qualità dell’impronta ecologica.
Nelle mezze stagioni e nella stagione calda, infatti, le auto sono trattate alla stregua degli altri elettrodomestici. Il ciclo di ricarica più utilizzato è quello in pausa pranzo e la sera quando la batteria è stata caricata dal fotovoltaico
A sinistra il pacco batterie Pylontech da 3,6 kW. A destra la colonnina di ricarica per veicoli elettrici. (Impianti forniti da Maurizio Bredy Srl)
Ora facciamo due conti…
Dividiamo queste conclusioni in due parti:
> La prima riguarda l’impronta ecologica. Non parleremo di quattrini ma di qualità costruttiva e performance per ricollegarci alle scorse comunicazioni.
> La seconda il calcolo della bolletta con un bilancio finale (positivo).
Una casa unifamiliare isolata parte male: molte le dispersioni dell’involucro edilizio, bassa l’inerzia termica e alto, generalmente, il conto energia.
Cosa è cambiato nell’impronta ecologica
I calcolatori dell’impronta ecologica che troviamo online lavorano su due parametri quantitativi:
> litri di Co2 prodotti
> numero di pianeti necessari a smaltire l’inquinamento prodotto dall’edifico
Fantasiosi direte.
In realtà non più di tanto, fanno riferimento a precisi standard internazionali.
Comunque, in attesa di software più precisi che sono in fase di sviluppo, occorre tenere conto che il grande valore di questi calcolatori (uno dei più utilizzati lo trovate sul sito WWF) sta nell’indirizzare il nostro comportamento quando progettiamo/costruiamo/abitiamo un edificio.
Qui sotto una tabella che indica, appunto, un indirizzo nel percorso del cliente che va valorizzato sia per i risultati (tangibili) in bolletta che per il contributo al cambiamento della cultura ambientale.
A parità di comfort abitativo l’immobile dopo l’efficientamento abbassa notevolmente le tonnellate di CO2 consumate e porta sotto la soglia del pianeta l’impronta ecologica.
Prima di passare ai numeri in bolletta, anche quelli molto interessanti, alcune note sintetiche sull’impatto ambientale del progetto.
Il cambio di infissi, pur senza il cappotto termico come detto, ha prodotto minori dispersioni pari a circa il 20%.
Il cambio di generatore di calore ha prodotto un minor costo nella produzione di calore e un ulteriore alleggerimento dell’impronta ecologica.
La posa dell’impianto fotovoltaico, della batteria d’accumulo e della colonnina di ricarica hanno permesso di produrre una buona parte dell’energia direttamente sul posto.
L’uso massiccio di energie rinnovabili ha permesso un salto di qualità notevole sull’impatto ambientale dell’edificio.
Come cambia la bolletta energetica
Siamo partiti da una caldaia a GPL da 24 kW dalla quale dipendeva il riscaldamento e l’acqua sanitaria.
Stando molto attenti, i proprietari nel bimestre analizzato spendevano circa 860€ per il GPL riscaldamento/cottura.
Gli elettrodomestici e l’illuminazione domestica pesavano per altri 120€.
Sostituita la caldaia con le pompe di calore, con temperature esterne prossime ai 7°, per ogni kWh consumato ne vengono prodotti 3 in riscaldamento e acqua sanitaria.
Nonostante l’assenza del cappotto termico, il mantenimento della vecchia rete di radiatori, la temperatura ambiente aumentata da18° a 19°, l’insieme delle opere descritte ha prodotto un risparmio in bolletta del 38%.
Tale risparmio è valutato nei due mesi più freddi dell’anno. Periodo nel quale le temperature notturne scendono sotto i 7° cui accennavamo.
Il conto energetico diventa ancora più interessante nel periodo ‘Marzo-Settembre’ (ben 7 mesi dell’anno in questa fascia climatica) portando il rispamio a una media del 55% grazie al maggior contributo in produzione energia del campo fotovoltaico.
Quando il riscaldamento è spento, infatti, l’acquisto di elettricità dalla rete è nullo, basta l’apporto del fotovoltaico e del pacco batterie.
Analisi bolletta (gennaio-febbraio prima e dopo l’intervento). Condizioni climatiche e qualità dell’immobile efficientato producono un risparmio in bolletta pari al 38%.
Neutralità climatica europea entro il 2050
Immagine tratta dal progetto ‘5 facts about the EU’s goal of climate neutrality’ del Consiglio Europeo.
Un progetto sfidante, dicevamo, che ha fatto i conti con un bonus accidentato, colmo di ripensamenti e stop. Una realizzazione che senza il bonus e lo sconto in fattura non esisterebbe.
Siamo convinti che le basi di un reale recupero del nostro patrimonio edilizio partano dalla promozione, con appositi strumenti di sostegno economico, della riqualificazione del nostro patrimonio d’immobili.
Senza un corredo organico di incentivi che sappia leggere le reali capacità di spesa dei proprietari d’immobili, nelle attuali condizioni economiche, sembra difficile arrivare a risultati tangibili.
Decadute le sorti del Superbonus nel nostro paese, pare che l’Europa stia indicando la strada. Essa vede nelle rinnovabili e nell’efficientamento del patrimonio edilizio europeo una strategia fondamentale per emanciparsi dagli idrocarburi e raggiungere la neutralità climatica entro la metà del secolo.
Dal canto nostro speriamo che, come in pandemia, l’Unione Europea mostri di saper produrre chiari obbiettivi condivisi.
Al suo interno siamo convinti che sarebbe paradossale che il ‘Bel Paese’ non investisse sulla riqualificazione del suo patrimonio immobiliare.